sabato 18 gennaio 2014

"Quei Containers noi non li tocchiamo. Chiamate L'Esercito . . . ". Le armi chimiche fanno scalo nel porto Calabrese di Gioia Tauro.

E' toccato al porto di Gioia Tauro, "ospitare" entro metà febbraio, le fasi di trasbordo delle armi chimiche siriane, che dal container danese verranno caricate al largo di Latakia, sulla nave Usa Cape Ray, che poi verranno distrutte a mare aperto.

Iniziano così le prime proteste della "piana Calabrese" e a farne il portavoce e proprio il primo cittadino Renato Bellofiore che teme per la sua vita e dice: "se succede qualcosa mi prendono a bastonate . . . !!!". Ma il governo rassicura le popolazioni e le amministrazioni locali, con un piano svolto secondo i più alti standard di sicurezza ma soprattutto per una maggiore tutela dell'ambiente. Ed è proprio in una nota di Palazzo Chigi, che viene sottolineato un contributo concreto e imprescendibile a garanzia della stabilità e della sicurezza nella regione mediterranea e la scelta del porto di Gioia Tauro e le fasi di operazione sono state spiegate qualche giorno fa, proprio in Parlamento.

Lo scalo marittimo calabrese è stato scelto perchè si tratta di "un'eccellenza italiana", ha spiegato il Direttore Generale dell'OPAC (organizzazione proibizione armi chimiche), Uzumcu.
Il diplomatico turco ci tiene a precisare inoltre e forse è ciò che interessa l'intera comunità nazionale, che nessuna sostanza tossica verrà gettata in mare. Una decisione presa dall'alto riferisce il Ministro degli Esteri, consultando tutte le alte cariche competenti: ministri di difesa, Interni, Infrastrutture, oltre che all'istituto per la protezione dell'ambiente e la Guardia Costiera.

Ma, anche se l'operazione sarà svolta sulla base dei massimi requisiti di sicurezza, un messaggio forte arriva dalla classe sociale piu' importante, i lavoratori portuali: "Quei container noi non li tocchiamo. Chiamate l'Esercito . . . ".

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